IPERALDOSTERONISMO PRIMARIO: ACCURATEZZA DIAGNOSTICA DELL’ARR NELLO SCREENING
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L’iperaldosteronismo primario (IP) è la causa più frequente di ipertensione endocrina, con una prevalenza del 5- 20% fra i pazienti ipertesi (1). È associato, inoltre, ad un rischio cardio-vascolare maggiore rispetto all’ipertensione essenziale, indipendente dal profilo pressorio e dovuto agli effetti deleteri degli aumentati livelli di aldosterone. Nonostante la sua elevata prevalenza e il suo importante impatto clinico, rimane una patologia spesso ancora sotto-diagnosticata. Per tale ragione, le linee guida dell’Endocrine Society (2) e le più recenti della Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa (SIIA) (3) evidenziano le categorie di pazienti ipertesi in cui sospettare un IP, e consigliano l’uso del rapporto aldosterone su renina (ARR) come test di prima scelta per lo screening, sottolineandone anche le criticità legate ai farmaci interferenti, all’uso di attività reninica plasmatica (PRA) o di renina diretta (DRC), alle diverse unità misura utilizzate e ai diversi cut-off considerati patologici (4).
Una recente metanalisi (5) ha valutato l’accuratezza diagnostica dell’ARR, analizzando solo gli studi in cui fossero stati eseguiti anche test dinamici di conferma per IP, indipendentemente dal risultato dell’ARR, al fine di ridurre il bias di una sovra-stima della performance del test, data da lavori in cui i test di conferma venivano eseguiti solo se l’ARR era patologico. Sono stati, quindi, selezionati 10 studi (5 europei, 4 dagli USA e 1 dal Cile), riguardanti un totale di 4110 soggetti.
Sono emersi numerosi bias di interpretazione legati a:
• selezione dei pazienti, per lo più con ipertensione resistente, ma anche con diagnosi recente di ipertensione o perfino volontari normotesi;
• diversi cut-off di ARR, a loro volta influenzati dall’eventuale uso di valori soglia minimi per l’aldosterone (da > 9 ng/dL a > 16 ng/dL) e dall’uso di PRA o DRC;
• eterogenea sospensione dei farmaci interferenti sull’ARR, in particolare gli anti-aldosteronici, sospesi almeno 4 settimane prima del test in tutti gli studi (ad eccezione di uno in cui non veniva specificata la terapia in corso);
• diversi test di conferma per IP, per lo più carico salino per os o ev e test al captopril, mentre solo in un lavoro è stato utilizzato il test di soppressione con fludrocortisone;
• diverse metodiche di laboratorio.
La sensibilità e specificità dell’ARR variavano dal 10% al 100% e dal 70% al 100%, rispettivamente. In particolare, la sensibilità dell’ARR era più bassa nella popolazione normotesa, risultando addirittura < 50% in tre studi. Aumentava, invece, come atteso, negli studi con soglie più alte di ARR considerato patologico. La specificità dell’ARR era sempre alta, soprattutto negli studi in cui veniva utilizzato un valore soglia minimo per l’aldosterone per considerare valido l’ARR. Infine, l’accuratezza diagnostica dell’ARR era peggiore nei giovani e nei maschi. Commento Questo studio evidenzia che l’accuratezza diagnostica dell’ARR è molto variabile in base alla popolazione analizzata e ai criteri diagnostici utilizzati. Rimane un test sicuramente utile per confermare un forte sospetto di IP, ma non per escluderlo, vista la sua bassa sensibilità. Oltre ai numerosi bias presenti in letteratura, l’ARR ha un’ampia variabilità anche intra-individuale (coefficiente di variazione del 45%) (6), legata alla secrezione ciclica dell’aldosterone, regolata dal potassio, dall’angiotensina II e dall’ACTH. Per tali ragioni, al fine di ridurre la quota di pazienti ipertesi ancora non correttamente inquadrati dal punto di vista diagnostico, che potrebbero beneficiare per lo meno di una terapia anti-aldosteronica, alcuni esperti suggeriscono di utilizzare cut-off più bassi di ARR o dosare inizialmente la renina (PRA o DRC); se questa risulta soppressa, considerare già sospetti per IP valori di aldosterone > 5-6 ng/dL (soprattutto se misurati in spettrometria di massa) o valutare la secrezione di sodio e aldosterone nelle urine delle 24h (7). È importante, quindi, continuare a cercare l’IP nella popolazione ipertesa e tenere bene a mente i limiti dell’ARR, per contestualizzare i risultati e valutare l’utilità di procedere con ulteriori approfondimenti nei casi sospetti.
Bibliografia
1. Monticone S, Burrello J, Tizzani D, et al. Prevalence and clinical manifestations of primary aldosteronism encountered in primary care practice. J Am Coll Cardiol 2017, 69: 1811-20.
2. Funder JW, Carey RM, Mantero F, et al. The management of primary aldosteronism: case detection, diagnosis, and treatment: an Endocrine Society clinical practice guideline. J Clin Endocrinol Metab 2016, 101: 1889–916.
3. Rossi GP, Bisogni V, Bacca AV, et al. The 2020 Italian Society of Arterial Hypertension (SIIA) practical guidelines for the management of primary aldosteronism. Int J Cardiol Hypertens 2020, 15: 100029.
4. Giacchetti G. Iperaldosteronismo primario: linee guida SIIA 2020. AME Flash 23/2021.
5. Hung A, Ahmed S, Gupta A, et al. Performance of the aldosterone to renin ratio as a screening test for primary aldosteronism. J Clin Endocrinol Metab 2021, 106: 2423–35.
6. Yozamp N, Hundemer GL, Moussa M, et al. Intraindividual variability of aldosterone concentrations in primary aldosteronism: implications for case detection. Hypertension 2021, 77: 891-9.
7. Funder JW. Primary aldosteronism: three strikes and out. Hypertension 2021, 77: 900-3.